Era l’8 luglio del 1943, alle ore 21.00 la Motonave Valfiorita partì dal porto di Messina diretta a Palermo con un importante carico bellico, sotto la scorta della torpediniera “Ardimentoso”. Alle 22.45, quando si trovava in corrispondenza di Capo Milazzo, la Valfiorita venne centrata da due dei quattro siluri lanciati dal sommergibile britannico Ultor, comandato dal Tenente di Vascello Hunt. Divampò un violento incendio che si propagava rapidamente appiccando il fuoco alle sovrastrutture di coperta e investendo le riservette delle munizioni del cassero centrale nonché il ponte di comando. Alle 23:00 circa, visto che l’incendio aveva assunto vaste proporzioni a causa della rapida combustione delle circa 450 tonnellate di gasolio che facevano parte del carico, il Comandante militare T.V. Strafforello diede l’ordine di abbandonare la Nave. L’abbandono avvenne in modo ordinato, mettendo a mare lance e zattere di salvataggio Il T.V. Strafforello e il Comandante civile Salata abbandonarono la Nave alle 23:20 circa, per ultimi, dopo aver distrutto l’archivio segreto e dopo aver constatato che a bordo non vi fosse alcuna persona dell’equipaggio. Circa a mezzogiorno del 9 luglio la Valfiorita colò a picco con tutto il suo carico, poco fuori il borgo di Mortelle, a Messina
Dopo soli 2 giorni dal siluramento gli anglo-americani invadevano la Sicilia…
Questo il triste epilogo della breve storia della Motonave Valfiorita, una moderna nave da trasporto lunga quasi 145 metri costruita a Taranto tra il 1939 e il 1942. Il 16 settembre la Valfiorita fu ufficialmente consegnata all’Armatore e contestualmente requisita dalla Regia Marina per il trasporto di merci e truppe per il contingente italiano impiegato nella campagna d’Africa.
Durante le nostre ricerche abbiamo avuto l’onore di epistolare con il Comandante Hunt, che ci ha restituito questo importante messaggio di pace: “E’ accaduto sessanta anni fa e abbiamo imparato ben poco da quei sei anni di guerra. Avremo mai la pace?”
La nave oggi giace su un fondale sabbioso tra i 60 e i 70 metri di profondità divisa in due tronconi. Quello di poppa è in assetto di navigazione e l’alto albero del bigo di carico ci accoglie e accompagna maestoso durante la discesa sul relitto. Nelle stive si possono ancora riconoscere principalmente munizioni, derrate varie e mezzi: diversi autocarri FIAT 626, motocicli Moto Guzzi Trialce e lussuose berline Fiat 1500 C.
Il relitto è riccamente popolato: alghe e spugne dalle forme e colorazioni più varie ne ricoprono interamente le strutture, nuvole di anthias si rincorrono nei corridoi, cernie, saraghi, e ricciole trovano rifugio nelle stive.