Per quasi sessant’anni a servizio della città di Messina, instancabile, la Cariddi ha traghettato studenti, pendolari e vacanzieri tra le due sponde dello Stretto.

Un pezzo di storia della città di Zancle, un pezzo di cuore dei messinesi, un simbolo di forza e resilienza.

Varata per la prima volta a Trieste nel 1930 presso i Cantieri Navali Riuniti dell’Adriatico, la Cariddi era una delle unità della flotta delle Ferrovie dello Stato in servizio sullo Stretto di Messina.

La Cariddi portò una ventata di profondo rinnovamento nei trasporti dello Stretto: un mezzo innovativo dotato di motori diesel-elettrici, capacità di carico di mezzi maggiore rispetto al passato,tre binari interni per il trasporto dai vagoni, notevole confort per i passeggeri, e persino un alloggio “reale” con legni pregiati.

Durante la Seconda Guerra Mondiale tutte le navi traghetto delle F.S. furono rimpiegate nelle operazioni belliche, come posamine o per il trasporto di truppe e rifornimenti. Purtroppo furono tutte affondate, tutte tranne la Cariddi, che nonostante fosse stata colpita più volte durante le incursioni aeree riuscì a resistere.

Nel 1943 le truppe alleate erano ormai alle porte di Messina, la Marina Militare ordinò al comandante della Cariddi di autoaffondare la nave. Così, il 16 agosto di quell’anno, quando si trovava all’ancora presso la rada Paradiso carica di materiale bellico tedesco, la Cariddi aprì le sue“prese-mare” per allagare i locali sottocoperta; alcune cariche esplosive completarono il lavoro.

Si ritroadagiata capovolta su un fondale di circa 20 metri e così rimase per circa sei anni.

La Cariddi fu recuperata, rattoppata, allungata, allargata, affinata, arricchita, perfezionata, pronta come un’ardente fenice per la rinascita.

Il secondo varo fu celebrato il 20 ottobre 1953, un’occasione di grande festa per la città e il paese intero.

Riprese subito servizio nello Stretto e per quasi quarant’anni assicurò il traghettamento tra Sicilia e Calabria, fino al suo ultimo viaggio il 14 febbraio 1991.

La Cariddi fu posta in disarmo, ormeggiata al molo Norimberga del porto di Messina e poi trasferita appena fuori dal porto in prossimità delle invasature dei traghetti delle compagnie private di navigazione.

Un’area fortemente esposta alle intemperie e ai marosi. Una nave abbandonata e dimenticata.L’epilogo sembra scontato.

Così, il 14 marzo 2006 la Cariddi si è lasciata andare: stanca, esausta, si è lentamente adagiata sul fondale. Di nuovo, la Cariddi torna al suo Stretto.

La nave giace su un fondale sabbioso, leggermente sbandata sul lato sinistro, la poppa col nome emerge fuori dall’acqua, i fumaioli svettano con la grande scritta F.S.

La luce filtra dagli oblò creando emozionanti giochi di luce.

Negli ampi saloni riecheggiano le chiacchere, i segreti, le risate. Nei corridoi rimbomba incessante il rumore dei passi. Lungo i binari strepitano i treni e il fischio del capotreno in attesa di un nuovo via.

Recupero Cariddi