È l’alba del 26 febbraio del 1973. Il piroscafo a vapore Arturo Volpe lascia il porto di Novorossiysk, sul Mar Nero con un carico di legname diretto a Pozzuoli (NA).
All’uscita dello Stretto di Messina una tempesta (vento forza 8) attende la piccola nave; le onde si abbattono sullo scafo che fiero resiste. Il Comandante cerca di trovare riparo dirigendo verso Baia Paradiso, ma improvvisamente la nave si ribalta, presumibilmente a causa dello spostamento del carico. Tutti i diciassette membri dell’equipaggio finiscono in acqua. I soccorsi arrivano tempestivi, ma il bilancio è tragico: quattordici marinai feriti e tre deceduti per assideramento nel tentativo di raggiungere i battelli dei soccorritori.
Qualcuno fotografa l’Arturo Volpe capovolta e semi sommersa: solo la prua emerge dall’acqua, con il nome della nave bene in vista. Poi, piano piano, l’Arturo Volpe scivola verso il fondo.
La nave giace sul fondo in perfetto assetto di navigazione, elevandosi per 10-12 metri sopra un fondale che dai 50 metri scivola verso i 70.
Nelle stive si trova il carico di legname, ancora ben ordinato. Andando verso prua si incontra l’elica di rispetto, ancora rizzata in coperta.
Il rinvenimento di una targhetta in tedesco e inglese su un equipaggiamento radar conferma la costruzione teutonica.
Il piroscafo fu infatti costruito in Germania nel 1950 nei cantieri navali Flensburger Schiffbau-Gesellschaft di Flensburg, città portuale tedesca sita sul Baltico, vicino al confine con la Danimarca. Lo scafo fu varato il 21 marzo 1950 con il nome di JUPITER.
La Jupiter faceva parte di una grande commessa fatta al cantiere nel 1949 da una importante società armatrice per trasporti merci non di linea.
La Jupiter fu venduta nel 1969 alla compagnia di navigazione italiana Alberto M. Volpe di Napoli, ribattezza Arturo Volpe, iscritta al registro navale di Napoli e dopo quattro anni di servizio andò incontro al triste epilogo.
Com’è possibile che la nave, in superficie capovolta si trovi in assetto di navigazione sul fondo? L’ipotesi più probabile è che lo spostamento del legname caricato in coperta, ma non di quello nelle stive che invece si è mosso poco, abbia fatto capovolgere la nave in superficie la nave che ha così iniziato ad affondare. Durante la sua discesa verso il fondo, l’Arturo Volpe avrebbe fatto un’altra capovolta atterrando in perfetto assetto di navigazione. Una vera acrobazia